Generalmente col termine “resilienza” si fa riferimento ad un insieme di fattori che definiscono la capacità di riuscire a vivere e svilupparsi positivamente, in modo socialmente accettabile, in presenza di un fattore di stress o di circostanze avverse che prospettano un forte rischio negativo (Cyrulnik, 2001).
Il termine ha origine in ambito scientifico, la fisica lo definisce come la capacità dei materiali di mantenere e resistere agli urti improvvisi e di sopportare le forze applicate senza spezzarsi o incrinarsi. Alcuni autori hanno introdotto questo termine nelle scienze sociali ampliandone il suo significato in riferimento alla volontà delle persone di fuoriuscire dalle situazioni traumatiche, ciò implica non solo una capacità di sopportare le pressioni dell’ambiente ma anche l’emergere di una spinta positiva per uscire da una situazione paralizzante; la resilienza umana permette la costruzione e la ricostruzione (Malaguti, 2005).
Emmy Warner e la sua equipe condussero uno dei primi e più importanti studi longitudinali sulla resilienza in età evolutiva (Warner e Smith, 1982). I risultati di queste prime ricerche hanno contribuito a gettare le basi per un’analisi della resilienza come risultato di un equilibrio evolutivo fra i vari elementi del contesto e le risorse interne ed esterne sia vulnerabili che protettive. La resilienza in età evolutiva, descritta come capacità di trovare un equilibrio, costituisce un potente fattore di promozione del benessere volto a portare benefici durante la crescita e nel lungo periodo.
Più recentemente, altri autori hanno studiato la resilienza anche in età adulta e nelle persone anziane, ipotizzando che potesse emergere in una varietà estesa di situazioni. La maggior parte di questi studi ha verificato la presenza e l’efficacia della resilienza in seguito ad eventi traumatici e potenzialmente compromettenti, come una malattia grave o la perdita di una persona cara. Questi studi hanno contribuito a comprendere meglio il concetto di resilienza, facendo emergere delle differenze rispetto alle ricerche svolte in età evolutiva, in particolare hanno posto maggior attenzione sulla sua caratteristica protettiva e sulla sua capacità di salvaguardare lo stato di benessere antecedente gli eventi traumatici.
Tra gli autori che hanno contribuito a definire la resilienza in età adulta, Bonanno ha verificato che l’emergere della resilienza di fronte a una perdita o a un potenziale trauma rappresenta una traiettoria diversa da quella del recupero della salute, che è un fenomeno più comune di quanto si pensi e che può imboccare molteplici strade, talvolta inaspettate (Bonanno, 2005). Bonanno sostiene che diversi autori, che si sono occupati delle conseguenze del lutto e dei traumi, hanno spesso frainteso la resilienza, sottostimandola con uno stato patologico o con un’attitudine rara, presente in individui eccezionalmente sani. I suoi studi dimostrano invece che essa consente ad un elevato numero di individui di mantenere livelli relativamente stabili di funzionamento psicologico e fisico, pur non coincidendo con l’assenza di patologie. Gli individui considerati resilienti mostrano temporanee alterazioni nel funzionamento (preoccupazione o agitazione) ma in genere, per la maggior parte del tempo, presentano una traiettoria stabile di funzionamento normale, nonché la capacità di compiere esperienze produttive e di provare emozioni positive (Bonanno et Al, 2001). Le persone resilienti mostrano una capacità di adattamento e funzionamento sano nelle prime fasi conseguenti la perdita di una persona cara, Bonanno sottolinea che questo processo è differente da quello di guarigione, lento e graduale, e che non si può considerare un lutto “ad esordio tardivo” poiché non emergono alterazioni nel funzionamento col trascorrere del tempo.
In questi ultimi anni il numero e la considerazione degli studi sulla resilienza sono aumentati nel panorama scientifico internazionale, approfondendo le conoscenze sul costrutto attraverso molteplici approcci. I vari studi si occupano del costrutto secondo orientamenti tra loro differenti ognuno dei quali lo definisce in modi diversi. Ciascuna definizione, però, condivide con le altre due caratteristiche essenziali: primo, la resilienza comporta l’aver subito un trauma o una situazione altamente stressante e, secondo, ha un’evoluzione non patologica che promuove il benessere pico-sociale (Magrin et Al, 2006). Al contrario, per quanto riguarda la natura del fenomeno, gli autori sostengono opinioni distanti. La resilienza viene considerata da alcuni in termini di tratto, come una caratteristica della personalità individuale, da altri in termini di processo, come una risorsa che emerge in seguito all’accomodamento con le componenti dell’ecosistema, altri ancora la considerano un risultato conseguito in termini evolutivi. (Magrin et Al, 2006).
Considerando che, secondo le evidenze empiriche, ogni individuo è potenzialmente in grado di resistere alle circostanze traumatiche, ma non sempre ciò accade e non in tutti, le ragioni per cui la reazione alla situazione di rischio spesso varia deve essere ricondotta al grado di attivazione delle risorse di resilienza.
Antonovsky, nel suo antesignano modello salutogenico, ha introdotto il costrutto di Generali Risorse di Resistenza (GRR) intese come meccanismi che respingono, migliorano o moderano l’impatto negativo degli stressors. Secondo l’autore, tali meccanismi sono rappresentati da fattori biologici, materiali e psicosociali che rendono più facile per le persone percepire la loro vita come consistente, strutturata e capibile. Alcuni esempi di queste risorse possono essere il denaro, i legami con le altre persone e il supporto sociale; ciascuna risorsa è più o meno importante a seconda della capacità della persona di saperla usare e del significato che le viene attribuito (Lindstrom & Eriksson, 2006).
Riprendendo l’orientamento delineato dal modello salutogenico, le recenti ricerche in materia di resilienza, stanno cercando di delineare queste risorse e comprendere meglio la loro funzione protettiva nei confronti del mantenimento di uno stato di salute ottimale.
La letteratura suddivide queste risorse in due categorie principali: risorse interne, legate a variabili personologiche e risorse esterne, che dipendono dalle relazioni sociali.
– Risorse interne
All’interno di questa categoria si ritrovano i fattori legati a tratti di personalità, a delle disposizioni personali, a determinati stili cognitivi e a delle variabili di atteggiamento.
Il temperamento è considerato un fattore di resilienza intesa come una disposizione a comportarsi e a sviluppare la personalità in un certo modo, è influenzato da determinanti genetici e dal contesto socioculturale. Ciascun individuo si rapporta al mondo ed agisce in determinati ambienti in base al proprio temperamento.
L’ottimismo, come disposizione personale stabile e generalizzata, favorisce l’anticipazione dei risultati positivi in diversi ambiti di vita ed esprime la convinzione che il futuro riservi buoni risultati.
La percezione di auto-efficacia, concetto derivante dal modello teorico di Bandura (1995; 2000), è un processo di valutazione delle proprie azioni e delle proprie competenze, che può essere diretto o condizionato da aspetti cognitivi sia interni che esterni, tra cui anche la cultura e il sistema di valori di riferimento. Aver fiducia delle proprie capacità di eseguire un compito incrementa le probabilità di riuscita.
Il locus of control interno (Rotter, 1966), dando la sensazione di possedere le capacità di incidere sugli avvenimenti e di poterli controllare attivamente, guida la messa in atto di determinati comportamenti aiutando l’individuo nel sostenere la situazione.
Anche la narrazione, intesa come capacità di raccontare agli altri di sé e delle proprie esperienze, può essere una risorsa di resilienza in quanto è la via migliore attraverso cui si conferisce unità e scopo alla propria personale esistenza (Mc Adams, 2001). Il processo narrativo, inoltre, favorisce la condivisione, avvicina le persone significative e aumenta l’abilità di dare significato alle proprie esperienze.
L’umorismo favorisce la comunicazione e l’elaborazione cognitiva delle emozioni suscitate dal trauma.
La creatività può facilitare l’adattamento alle situazioni improvvise e favorire l’emergere di obbiettivi nuovi. Ognuna di queste disposizioni è influenzata dal contesto socioculturale di riferimento.
Infine, Bonanno aggiunge tra gli elementi costitutivi del processo di resilienza, anche la forza d’animo (Hardiness), la fiducia in sé e nelle proprie capacità, una strategia di coping di tipo difensivo (= repressione degli affetti negativi) e la capacità di esprimere emozioni positive (Bonanno, 2003).
– Risorse esterne
All’interno di questa categoria si ritrovano la socializzazione e la qualità delle relazioni sociali. Se la capacità di socializzare è elevata e le relazioni che si istaurano sono significative, maggiori saranno le probabilità di superare le situazioni difficili. Purtroppo, a differenza delle risorse interne, quelle esterne consentono una scarsa possibilità di intervento a causa del forte legame con il contesto.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- Antonovsky A. (1993), Complexity, conflict, chaos, coherence, coercion and civility, Social Science & Medicine, 37(8): 969 – 974;
- Bonanno G.A., Wortman C.B., Lehman D.R., Tweed R. G., Haring M., Sonnega J., et al. (2002), Resilience to loss and chronic grief: A prospective study from preloss to 18 months postloss. Journal of Personality and Social Psychology, 83: 1150 – 1164.
- Bonanno G.A. (2005), Resilience in the face of potential trauma, American Psychological Society, 14 (3): 135 – 138;
- Lindström B. e Eriksson M. (2006), Salutogenesis, J. Epidemiol. Community Health, 59:440 – 442;
- Magrin M.E., Scrignaro M. e Viganò V. (2006), Fattori di resilienza e benessere psicologico, Psicologia della Salute, 1: 9 – 24;
- Malaguti E. (2005), Educarsi alla resilienza: Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi, Erikson, Trento;
- McAdams D.P. (2001), The psychology of life stories, Review of General Psychology, 5 (2): 100 – 122;